Avviso
ai lettori: il racconto potrebbe essere 1 po' lungo, ma quando ce
vò...ce vò!!!
La
storia
inizia
una
buia
sera
di
fine
luglio,
nel
pieno
dell'inverno
Apurimeño
(qui
lo
chiamano
“inverno”...tutti
vorremmo
avere
un
inverno
così,
da
felpettina
al
massimo!),
con
una
giovine
trafelata
e
allegra,
in
trepida
attesa
per
l'inizio
della
tanto
desiderata
avventura
vacanziera
in
ottima
compagnia.
Pullman
Abancay
– Lima,
dalle
Ande
alla
costa,
Oceano
Pacifico,
16
ore
di
viaggio
per
arrivare
nella
grigia
capitale;
ore
che
ormai,
anche
se
possono
spaventare
un
po', non sono poi neanche così terribili.
Dopo
mesi
e
mesi
di
attesa,
finalmente
arriva
la
tanto
desiderata
compagnia,
pronta
a
bruciare
chilometri
e
chilometri
per
scoprire
le
bellezze
della
terra
che
fu
degli
Inkas.
Prima
tappa:
breve
soggiorno
a
LIMA,
quel
caotico
mostro
gigantesco
abitato
da
quasi
9
milioni
di
persone.
Dato
il
poco
tempo,
le
tappe
sono
obbligate:
il
centro,
con
la
sua
Plaza
da
Armas,
Plaza
San
Martín,
il
lungo
Rimac
e
la
vista
contrastante
dei
cerros
con
le
sue
case
coloratissime,
una
sopra
all'altra,
dove
però
regna
la
povertà.
Poi
in
combi
verso
Miraflores,
uno
dei
distretti
più
“belli”
(nel
senso
occidentale
e
capitalistico
del
termine)
di
Lima,
che
potrebbe
essere
benissimo
una
qualsiasi
città
europea:
palazzoni,
sfarzo,
centri
commerciali,
in
corsa
contro
il
tempo
all'occidentalizzazione.
Insieme
a
Barranco,
quartiere
attiguo,
sono
veramente
un'altra
realtà,
sembrano
un
mondo
a
parte,
dominato
però
dal
grigio
che
caratterizza
la
capitale
limeña:
la
garúa!
L'umidità
che
regna
sovrana
si
condensa
in
questa
nebbiolina
fine
e
persistente
che
a
sua
volta
trattiene
la
marea
di
smog
che
c'è
qui,
olè!
Bien,
è
il
momento
della
seconda
tappa:
ABANCAY!
H@me
sweet
h@me.
Anche
qui
soggiorno
breve,
ma
con
una
destinazione
ben
precisa:
Santuario
Nacional
del
Ampay.
Si
parte
prestissimo
per
scalare
la
montagna
dell'Apu
(dio)
che
veglia
sulla
cittadina
e
raggiungere
prima
la
laguna
Angasqocha
a
3250
m,
e
poi
andare
su
su
a
3750,
alla
laguna
Uspaqocha.
Davvero
belle
belle
belle
e
apparentemente
incontaminate,
un
piccolo
paradiso!
Il
tempo
scorre
veloce
e
non
fa
sconti,
quindi
altro
giorno,
altra
corsa,
tappa
numero
tre:
CUSCO
o
Cuzco,
che
dir
si
voglia.
L'ombelico
del
mondo,
la
città
che
ha
quel
nonsoché
che
ti
cattura,
che
affascina:
il
Mercado
Central
de
San
Pedro,
l'immancabile
Plaza
de
Armas,
la
centrale
Avenida
del
Sol,
il
barrio
freak
di
San
Blas,
il
mercato
artigianale...il
sole
caldo
e
splendente
nel
cielo
terso,
e
il
freddo
pungente
che
arriva
non
appena
Inti
(il
sole
in
quechua)
si
ritira
per
riposarsi.
All'indomani, ancora nel pieno della notte è già ora di una nuova avventura: la SELVA. Tappa numero quattro. In quanto avventurieri, appunto, non poteva mancare il viaggio della speranza; nel giro di mezza giornata si passa dai 3500 m di Cusco, agli appena 550 mslm della piccola Salvación, capitale del distretto di Manu, che giace beata, calda e immobile, lungo le sponde del río Alto Madre de Dios, nella Selva peruviana. Bene, mezzo: pullman-catorcio del 1920, capienza: 50 posti (credo), persone a bordo: un numero imprecisato, ma molto superiore al normale, per non contare borsine, borsette, borsone dalle dimensioni mai viste, contenti chissà-che-cosa, che ogni mamacita porta con sé.
Non
si
può
non
menzionare
poi,
la
simpatica
abitudine
dei
conducenti
peruviani
di
viaggiare
sempre
con
il
finestrino
abbassato,
incuranti
della
temperatura
esterna,
e
se
poi
siete
nella
stagione
fredda
a
Cusco...ve
lo
raccomando!
3 ore, sosta in quel di Paucartambo, prima di incamminarsi lungo la strada stretta e sterrata, con pericoli vari ed eventuali annessi. Lungo il sentiero, incontri ravvicinati con colossi a 8 (?) ruote, pericolosi ponti da superare, il suggestivo bosco di neblina e il caldo che si fa sentire.
3 ore, sosta in quel di Paucartambo, prima di incamminarsi lungo la strada stretta e sterrata, con pericoli vari ed eventuali annessi. Lungo il sentiero, incontri ravvicinati con colossi a 8 (?) ruote, pericolosi ponti da superare, il suggestivo bosco di neblina e il caldo che si fa sentire.
Arrivo
a Pillcopata, regione del Manu e punto di connessione con la nostra
meta. Altro mezzo, sempre più afa, e via!...il pulmino si avventura
nella fitta vegetazione, lasciandosi alle spalle villaggi isolati,
attraversando il Río e ciondolano da 1 parte all'altra. Dopo 12 ore
di viaggio 1 po' rocambolesche, finalmente riusciamo a pestare il
suolo di Salvación!
Salvación
è
un
paesino
molto
minimal,
qualche
viuzzola,
i
soliti
negozietti
che
vendono
di
tutto,
gente
apparentemente
nullafacente
e
poco
altro;
potrebbe
essere
considerata
l'anticamera
del
incantato
e
rigoglioso
mondo
“selvatico”:
qualche
minuto
di
camminata
e
si
è
già
nel
cuore
del
polmone
verde
☺.
La
mala
sorte
non
ci
lascia
mai
soli
e
questa
volta
si
manifesta
con
una
serie
di
acquazzoni
interminabili
(nel
pieno
della
stagione
secca!)
che
ci
costringono
a
cancellare
alcune
delle
attività
in
programma.
Nonostante
le disavventure
però,
riusciamo
a
fare
escursioni
notturne,
giri
in zattera,
gita
all'albero
gigante,
il
più
longevo
della
selva,
olé!...un
po'
in
stile
Lara
Croft
de
'noartri,
attrezzati
di
binocolo,
vestiario
e
attrezzi
del
mestiere,
attraversiamo
il
fiume
sulle
barchettine
tipiche,
avvistiamo
animali
setolosi,
formiche
tagliatrici
e
trasportatrici
di
foglie,
scimmie,
uccelli
dai
colori
e
forme
particolari,
ragni,
gallinacei
punk,
capibara,
pappagalli,
milioni
di
farfalle,
alberi
che
stritolano
altri
alberi,
le
dimenticate
lucciole
notturne
e
persino
formicai
e
termitai
enormi!
Per
proseguire
nel
viaggio,
Cusco
ci
richiama
a
sé
come
punto
di
ripartenza
per
la
tanto
attesa
meta.
Si
va
in
macchina
fino
a
Ollantaytambo
e
poi
via,
sulle
rotaie
peruviane
in
direzione
Aguas
Calientes!
Magari
questo
paesello
superturistico,
agghindato
solo
e
solamente
per
gli
avventori
di
passaggio,
non
vi
dice
niente,
ma...
MACHU
PICCHU?!?...vi
ricorda
qualcosa
per
caso
:)?!?
Quinta
tappa.
Si
va
sulla
“montagna
vecchia”
(dal
quechua
Machu
“vecchio”,
Pikchu
“cima/montagna”)
a
piedi,
partenza
prima
del
sorger
del
sole,
scalino
per
scalino
si
va
da
Aguas
Calientes
fin
su
ai
2500
m
di quella
che
è
considerata
una
delle
7
meraviglie
del
mondo.
La nostra
fedele
compagna
di
viaggio
tascabile,
l'immancabile
guida,
ci
avvisa
che
non
è
possibile
entrare
con
acqua,
cibo,
etc....eeeeeeeeeeeh?!?...vabbè,
ubbidiamo, ma
giusto
passata
l'entrata
ci
accorgiamo
che
non
è esattamente
così!
Nonostante
i
divieti,
i
machu
picchani
hanno
con
sé
di
tutto
e
di
più,
arrivano
persino
a
campeggiare
beati
tra
i
verdi
spazi
“sacri”,
con
le
guardie
incuranti
di
tutto
ciò.
Prosciugamento
idrico
a
parte,
il
complesso
archeologico
è
a
dir
poco
incantevole,
con
la
luce
dell'alba
poi!
Che
dire,
qualsiasi
fatica,vale
in
tutto
e
per
tutto
la
vista
e
la
visita!
Per
non
farci
mancare
niente,
ci
arrampichiamo
anche
sulle
ripide
scale
che
portano
al Huaynapicchu,
la
montagna
attigua
che
ospita
il
tempio
della
luna,
luogo
a
cui
accorrevano
un
tempo
le
giovani
donne
inka
per
portare
le
loro
offerte
alla
regina
della
notte
(secondo
la
visione
andina,
Inti,
il
dio
Sole
rappresentava
l'uomo,
la
dea
Luna
rappresentava
la
donna
e
dalla
loro
unione
nascevano
indovinate
un
po'?...le
stelle!!!).
Voto:
10!
Next
stop: PUNO, LAGO TITICACA. Tappa n°6.
Le
ferrovie
peruviane
ci
hanno
riportato
a
Ollantaytambo
e
il
pulmino
ci
ha
traghettato
per
l'ennesima
volta
a
Cusco,
dove
abbiamo
potuto
visitare
il
Koricancha,
antico
tempio
inka
dedicato
al
dio
Sole,
sulle
cui
fondamenta
è
stato
costituito
l'odierno
Convento
di
Santo
Domingo.
È stata quindi la volta dei 4000 metri di Puno, tra fraintendimenti, aria rarefatta e mamacitas che mi chiedono di nascondere merce non esattamente “legale” per sfuggire ai controlli della polizia; poi?...gita per visitare i paesini vicini: Ichu e la stupenda vista del Lago Titicaca e subito dopo Chucúito, con il suo particolare Tempio della Fertilità, eheh.
È stata quindi la volta dei 4000 metri di Puno, tra fraintendimenti, aria rarefatta e mamacitas che mi chiedono di nascondere merce non esattamente “legale” per sfuggire ai controlli della polizia; poi?...gita per visitare i paesini vicini: Ichu e la stupenda vista del Lago Titicaca e subito dopo Chucúito, con il suo particolare Tempio della Fertilità, eheh.
Infine,
nonostante
i
nostri
tentativi
di
evitare tour
troppo
turistici,
abbiamo
dovuto
cedere
e
siamo
andati
a
visitare
le
isole
galleggianti,
conosciute
anche
come
Islas
Flotantes.
Altro
giro, altra corsa, altra tappa, la settima: AREQUIPA.
La
vacanza
sta
per
giungere
al
termine,
ma
ogni
attimo
è
prezioso
e
quindi
bisogna
godersi
al
massimo
la
ciudad
blanca,
così
chiamata
per
il
Sillar,
la
pietra
con
la
quale
è
stata
costruita
la
maggior
parte
dei
principali
edifici
della
città.
Lei
ci
accoglie
calda
e
splendente,
con
i
vulcani
che
la
circondano
(il
Misti,
il
Chachani,
e
il
Pichu
Pichu)
a
fare
da sfondo.
Inutile
dirlo,
non
può
mancare
una
puntatina
in
Plaza
de
Armas,
la
visita
al
Monasterio
Santa
Catalina,
un'affascinante
“mini
città
nella
città”,
l'elegante
quartiere
di
San
Lazaro,
il
variopinto
Mercado
Central
(sempre
lui!)
e,
dulcis
in
fundo,
l'enorme
Canyon
del
Colca.
Questo
lunghissimo
canyon,
offre
degli
spettacoli
unici,
arricchiti
dalla
Croce
del
Condor,
luogo
incantato
dove,
durante
la
bella
stagione,
la
mattina
si
posso
veder
tanti
condor
sorvolare
il
canyon,
intenti
a
procacciarsi
il
cibo;
il
tutto
a
pochi
metri
dalle
testoline
dei
turisti
con
il
naso
all'insù,
in
estasi
come
fossero
bambini.
Ultimo
lungo
viaggio
con
l'adorato
mezzo
di
trasporto,
leitmotif
e
perché
no,
nostro
personale
ostello
ambulante
per
gran
parte
della
vacanza,
the
bus!
È
l'ora
della
tappa
numero
otto:
PARACAS.
Dopo
monti,
camminate,
aria
rarefatta,
visite
nel
polmone
verde
amazzonico,
immancabili
dis/avventure,
poco
riposo e tantissime fotografie,
ritorniamo
sulla
costa
ad
ammirare
l'oceano
e
le
bellezze
che
lo
cullano.
Al
mare
purtroppo,
questa
volta
vale
il
detto
“guardare,
ma
non
toccare”,
il
fatto
è
che
qui
agosto
non
è
la
stagione
più
azzeccata
per
fare
il
bagno,
infatti
di
turisti
ce
ne
sono
ben
pochi
e
i
timidi
avventori
spuntano
la
mattina
presto
per
visitare
le
Isole
Ballestas,
abitate
da
pinguini
vanitosi,
simpatiche
otarie,
e
uccelli
di
tutti
i
tipi,
la
maggior
parte
produttori
di
guano.
Per concludere in bellezza, niente popòdimeno che la gita alla Riserva Nazionale in bici, sfidando il ventaccio; ciclisti solitari (era davvero deserto!) in un deserto infinito, con neanche un'anima all'orizzonte! Basta una parola...spettacolo! Il modo perfetto per finire l'avventura girovaga.
Per concludere in bellezza, niente popòdimeno che la gita alla Riserva Nazionale in bici, sfidando il ventaccio; ciclisti solitari (era davvero deserto!) in un deserto infinito, con neanche un'anima all'orizzonte! Basta una parola...spettacolo! Il modo perfetto per finire l'avventura girovaga.
E
siccome
il
lavoro
chiama,
si
fa
capolino
a
Lima,
dove
ognuno,
chi
in
aereo,
chi
per
l'ennesima
volta
in
pullman,
con
le
emozioni
ancora
fresche
e
vivide
e
tanta
felicità
nel
cuore,
anche se con
un
po'
di
malinconia,
ritorna
alla
propria
tana
per
riprendere
il
normale
corso
della
vita
quotidiana.
L'arcobaleno,
dalla sua umile dimora, vi saluta e vi dà appuntamento a presto!
Keep
in touch!
Baciotti
a tutti ☺